Rassegna stampa

Riportiamo l’interessante articolo del presidente Luciano Alban sul convegno sul plurilinguismo dell’11 Novembre pubblicato dal Corriere degli Italiani. 

Mobilità, plurilinguismo e culture in Svizzera

Questo il titolo del convegno organizzato dalla CAVES, in collaborazione con il COMITES, che si è svolto lo scorso 11 novembre 2017, nella sala teatro della MCLI di Zurigo, meglio conosciuta come Missione cattolica italiana di Zurigo. Relatori del convegno sono stati: il linguista e germanista Raffaele De Rosa e la sociologa Irene Pellegrini, ricercatrice all’Istituto di ricerche sociologiche dell’Università di Ginevra. I lavori sono stati diretti con professionalità e competenza dal giornalista Giangi Cretti, direttore del giornale “La Rivista” della Camera di Commercio Italiana in Svizzera, che ha anche dato un suo contributo al dibattito. Un pubblico numeroso e molto eterogeneo per età, ha riempito la sala. Erano presenti diverse personalità: il Console Generale di Zurigo Min. Giulio Alaimo; l’On. Alessio Tacconi; il Preside dei corsi di lingua e cultura italiana, Prof. Marco Tovani e il Preside del Liceo Vermigli di Zurigo, Prof. Alessandro Sandrini. La relatrice e il relatore hanno mostrato la loro indubbia competenza e la capacità di trasmetterla.

Il dott. De Rosa si è soffermato sul significato e sulle varie tipologie del plurilinguismo; sui principi pratici che favoriscono l’educazione plurilingue e sui vantaggi del plurilinguismo. La definizione generale, ma troppo generica, è capacità di saper parlare, capire, leggere e scrivere in due o più lingue. In realtà il plurilinguismo va dalla forma più restrittiva, per traduttori ufficiali, che possono tradurre in contemporanea, a una forma permissiva, sono le persone plurilingue che hanno conoscenze superficiali di due o più lingue. La definizione pragmatica-affettiva da prendere in considerazione è quella che una persona può essere considerata plurilingue quando possiede la capacità di comunicare senza particolari problemi in due o più lingue in tutte le situazioni della vita quotidiana (famiglia, amici, scuola, lavoro, ecc.). Determinante non è solo il grado di competenza formale conseguito, ma l’efficacia della comunicazione e soprattutto l’affettività che il parlante prova per le lingue da lui utilizzate. IL plurilinguismo presenta aspetti positivi e negativi, i positivi sono, di gran lunga, predominanti. L’aspetto negativo ci fa ricordare la Torre di Babele, dove nel mondo ci sono centinaia di lingue e migliaia di dialetti che non ci permettono di comunicare con tutti. Sempre più si stanno profilando delle lingue “dominanti”, come l’inglese, praticamente esclusivo nel campo dell’economia, della finanza e della comunicazione aerea. Altre lingue sono importanti per il grande numero di persone che le praticano, come ad esempio il cinese o lo spagnolo. Quali sono i soggetti più portati al plurilinguismo: i figli di coppie miste; marito/moglie nelle coppie miste; i figli degli immigrati stranieri; immigrati stranieri che usano quotidianamente la lingua locale. I consigli del dott. De Rosa: saper comunicare con la propria lingua (madrelingua, padrelingua, partnerlingua, nonnilingua, babysitterlingua, ziilingua, ecc.) Favorire e sostenere l’approccio con la lingua scritta (leggere/scrivere) fin dai primi anni di vita del bambino è importante anche in situazioni di plurilinguismo.

La dott.ssa Irene Pellegrini si è soffermata sulla ricerca sociologica del plurilinguismo nel campo dell’emigrazione. Ha parlato di significato sociale (come aspetto soggettivo) soprattutto in contesti plurilinguistici e in biografie caratterizzate da mobilità, quando la lingua non è una sola e non è scontata, il rapporto con le lingue è una storia personale. È il risultato imprevedibile di accadimenti diversi piuttosto che l’esito di processi istituzionali di formazione. L’affermazione più originale (e simpatica) che abbiamo sentito, riportata dalla relatrice, è stata quella di Florio Togni da Ginevra: “L’italiano per me è come andare alla stazione e prendere un caffè, invece del treno”.

In Svizzera l’Italiano si sviluppa senza politiche o modelli sistematici ma “per caso”, da qui il libro della Pellegrini: “Italiano per caso”, scritto assieme ad alcuni ricercatori, con la supervisione del Prof. Sandro Cattacin. Oppure il libro: “Dalla valigia di cartone al WEB”. La Pellegrini ci ha spiegato anche che l’identità linguistica non è una e per sempre. Quello che la ricerca “Italiano per caso” suggerisce è che, fuori dai contesti istituzionali, l’Italiano oltralpe stia benissimo. È una presenza totale per le strade, le piazze (il senso comune) È questo l’aspetto fondamentale uscito dal convegno, al di là delle statistiche, l’italiano è molto usato non solo dagli svizzeri tedeschi, ma anche da molte persone di altre nazionalità. In alcuni settori, come nel campo dell’edilizia, l’italiano è ancora la lingua franca di riferimento.

Da questo convegno si conferma che il ruolo fondamentale per la conoscenza di più lingue e anche dell’italiano, si gioca in famiglia. Le nuove generazioni degli italiani in Svizzera, hanno la possibilità d’imparare due lingue senza nessuno sforzo, i genitori che non capiscono questo fanno un errore madornale che peserà sul futuro non solo linguistico, ma anche culturale dei loro figli. Si tratta della consapevolezza di avere a disposizione vari strumenti linguistici e cognitivi che possono servire alla costruzione del proprio sapere. Purtroppo in Italia le lingue straniere sono ancora poco e male insegnate. Mi sembra che la definizione più appropriata al caso, sia quella della scrittrice Linda Fallea Buscemi. Il bilinguismo: “un regalo per la vita”.

Il Presidente della CAVES e del COMITES di Zurigo

Luciano Alban

 

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